mercoledì 27 ottobre 2010

Carta Straccia #17 - La busta vuota


Tardo pomeriggio, in una cittadina di periferia di trentacinquemila abitanti. Case basse, negozi a gestione familiare, bimbe agghindate come donne e ragazzi in strada che giocano a pallone. Ian, un sicario prezzolato, aveva in mano una busta che osservava con attenzione, contemplandone compiaciuto le finiture, l’intestazione. Il contenuto, assemblato di suo pugno, aveva uno scopo ben preciso: scoraggiare una ricca famiglia del luogo, il maggiore sponsor della lotta alla criminalità. Genzo, padre e padrone, era un figlio di puttana di mezz’età con il vizio di allenare i bicipiti sui banconi dei peggiori bar della zona industriale e scopare prostitute trentenni su appuntamento. Ma se c'è una cosa che il bastardo non tollerava era che soldi e droga finissero nelle mani di ragazzini che, secondo Genzo, non dovevano avere niente a che fare con il mondo psicolabile che tutti insieme avevano contribuito a creare. “C’è un tempo per crescere e uno per morire”, diceva spesso il capofamiglia, “un tempo per essere innocenti e un tempo per le responsabilità”. Perciò aveva fondato una decina di enti non-profit per tirare fuori i giovani dalla strada. Le vie erano state rese sicure perché Genzo aveva sempre pagato regolarmente vigilantes privati per far sì che tutti tornassero a casa sani e salvi.
Ian stava pensando a Genzo e alla lettera minatoria e al caricatore pieno di proiettili con sopra inciso il suo nome. Ian pensò al suo boss.
Il sicario andò verso la vettura, mise in moto e partì. La residenza di Genzo era vicina, non più di tre chilometri, per sicurezza accostò tre isolati prima.  Sarebbe stato un lavoretto facile. Avviandosi, Ian fece caso alla processione di persone che usciva ed entrava dalla casa del bastardo. L'omone in nero giunse sulla soglia, la missione era quasi compiuta. Notò però un bimbo sconsolato, che piangeva vicino il cancello. Ian s'avvicinò e chiese:”Tutto bene, ragazzo?”. “Il signor Genzo è morto.” “Come?” “Il cuore”, singhiozzò l'altro.
“Non c'è niente di peggio che perdere un nemico”, pensò Ian che, con il cuore asfittico, sparì tra la nera folla per rendere omaggio alla salma.